Apple è ancora in grado di stupire o ha perso la sua capacità di inventare il futuro?
È la classica domanda che porta a discussioni tanto oziose quanto piacevoli. Quelle che ci fanno rimanere alzati fino a tardi in compagnia di un paio di amici, magari seduti all’aperto con una birra in mano o in un caffè. Ognuno avrà la propria idea, ognuno sosterrà la propria tesi, evidenziando a turno i momenti nei quali Apple ha fallito e nei quali ha avuto successo, dove si è limitata a svolgere un buon lavoro e dove invece ha fatto emergere il genio creativo.
Ognuno troverà spiegazioni all’alternanza di successi, invenzioni rivoluzionarie e passaggi a vuoto. La presenza o l’assenza di Steve Jobs, la maturità o l’immaturità del mercato, l’impossibilità di stupire ogni volta etc. Addirittura qualcuno potrebbe arrivare a scorgere una ripetizione, una ciclicità, nella capacità di Apple di tirar fuori dal cilindro – ogni tot anni – un prodotto in grado di scompaginare ciò che già esiste, disegnando nuovi scenari. Ecco allora che si possono citare le pietre miliari: il Mac nel 1984, l’Ipod nel 2001, la presentazione dell’iphone nel 2007 e il lancio dell’AppStore l’anno successivo, nel 2008.
In attesa delle (imminenti) novità di iOS7 è, dunque, bello soffermarsi a osservare le cose in prospettiva, divertirsi a fare bilanci. Un po’ come fa Rene Ritchie in un articolo per iMore.com
(In un’altra serata, magari, si parlerà della filmografia di Brian De Palma, di quanto i primi romanzi di King fossero diversi e migliori degli ultimi, della triste parabola dell’hard rock o chi è più divertente tra I Simpson e I Griffin).